“INDIFFERENZA, MALE DI MOLTI”

Tale progetto, che svolgiamo durante le ore scolastiche, ci permette di affrontare in maniera ampia il tema della cura del prossimo. Attraverso tre citazioni di E. Levinas, proveremo qui a raccontare il nostro percorso compiuto fino ad ora.

L’Altro uomo non mi è indifferente, l’Altro uomo mi concerne, mi riguarda nei due sensi della parola “riguardare”. In francese si dice che “mi riguarda” qualcosa di cui mi occupo, ma “regarder” significa anche “guardare in faccia” qualcosa, per prenderla in considerazione.

E. Levinas
Per comprendere a fondo le parole di Levinas, credo sia opportuno per prima cosa spiegare che cosa si intende per indifferenza. L’indifferenza indica la mancanza di interesse o di entusiasmo. Quando provi indifferenza per qualcosa, questa cosa non ti provoca né piacere né dispiacere, né desiderio né repulsione e non mostri preferenza o particolari interessi: in termini più filosofici, le scelte vengono considerate ininfluenti e incapaci di produrre cambiamenti rispetto alla condizione esistente. Con quest’ultimo significato il tema dell’indifferenza coinvolge quello della libertà, poiché nella condizione di disinteresse viene a mancare la volontà che decide la scelta. L’indifferenza può essere paragonata all’apatia, che significa “mancanza di volontà”, anche se con l’apatia si è davvero insensibili.

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti” (Antonio Gramsci)

Questa non indifferenza dell’altro di cui parla Levinas, dunque, è l’origine del desiderio inesauribile per l’altro, che ci ossessiona anche, se non soprattutto, quando vorremmo ignorare il suo appello.

Prima ancora di essere soggetto, l’uomo è preso in una relazione con altri uomini, relazione che è etica prima che sociale o politica. Per Lévinas, infatti, ciò che caratterizza l’uomo è la sua “inevitabile possibilità” di rapportarsi all’Altro, che non può essere ricondotto all’io, perché resta sempre esteriore alla coscienza, situato al di là di essa.

L’epifania, e dunque la manifestazione dell’Altro, avviene nel dialogo, nel “faccia a faccia”. L’Altro è quindi una rivelazione concessa in particolare dal volto, che è il mezzo di comunicazione primo e lo strumento attraverso il quale l’umanità di ciascuno si palesa.

Levinas quindi dice che l’Altro uomo lo riguarda, come dovrebbe riguardare ogni persona di questo mondo, specialmente nei confronti di persone più deboli delle altre e talvolta emarginate, per fare un esempio i più poveri e i disabili, in quanto mancanti di qualcosa, magari anche di un semplice tetto sotto cui dormire, ed è perciò dovere degli altri prendersi cura di queste persone, farle sentire al loro pari e cercare di integrarle nella società che tende a escluderli.

Ognuno di noi è necessario per esprimere qualcosa di suo e per far crescere l’umanità. Ognuno è unico ma fa parte di un tutto” (Emmanuel Levinas)

Matteo Magli

Lascia un commento