La conversione di San Francesco

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Francesco figlio di Pietro di Bernardone, ricco mercante, e di Madonna Pica nacque ad Assisi nel 1182. Trascorse la sua giovinezza con una comitiva di aristocratici continuando l’attività di negoziante del padre. Tra il 1202 e il 1203 ci fu una battaglia tra Assisi e Perugia dove Francesco venne imprigionato per un anno e si ammalò gravemente, fortunatamente venne pagato il riscatto dal padre che riuscì a liberarlo. Decise poi di partecipare alla Crociata come cavaliere. La sera prima della partenza fece un sogno: lui era in un castello ricco di armi con una donna stupenda che lo stava accogliendo all’ingresso, quando lui chiese di che fosse quella fortezza una voce gli rispose che era tutto suo. Incitato da questo sogno si convinse che la carriera da cavaliere fosse il suo futuro e partì verso Lecce, durante il cammino però si ammalò nuovamente ed insieme ai suoi compagni si fermò a riposare una notte a Spoleto nella chiesa di San Sabino. Qui fece un sogno dove la stessa voce che aveva sentito nel primo gli chiedeva se gli convenisse seguire il servo o il padrone, quando Francesco gli rispose “il padrone” la voce disse: “Allora perché hai abbandonato il padrone, per seguire il servo?”.

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LA PERFETTA LETIZIA

Continua il nostro approfondimento sulla figura di San Francesco. Oggi parleremo in particolare del testo che lo raffigura insieme al Frate Leone sulla strada che porta da Perugia a Santa Maria degli Angeli. In questa occasione, frate Leone gli chiese dove potesse trovare la perfetta letizia e San Francesco gli rispose: “troveremo la perfetta letizia quando riusciremo a sopportare il freddo,la pioggia e l’essere scambiati per impostori, una volta che saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli”.

Egli espose il suo pensiero aggiungendo anche altre prove, come per esempio l’episodio in cui il portinaio li avrebbe picchiati con un bastone se loro avessero continuato a bussare alla porta per entrare, continuando a pregare. San Francesco dice tutto questo per fargli e farci capire meglio cos’è la perfetta letizia. Conclude con frase molto bella, su cui noi abbiamo riflettuto,”fra tutte le grazie dello Spirito Santo e doni che Dio concede ai suoi fedeli, c’è quella di superarsi proprio per l’amore di Dio per subire ingiustizie, disagi e dolori”, e su cui Angelo Branduardi ha preso spunto per scrivere una canzone.

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La gioventù di San Francesco

Francesco nasce ad Assisi nel 1181 (o 1182). In quel momento il padre Pietro di Bernardone, mercante di stoffe della media borghesia, si trovava in Francia, quindi la madre battezza il figlio col nome di Giovanni. Il padre lo chiamerà però Francesco, nome accettato anche dal bambino. Crebbe serenamente e con una vita socialmente attiva, organizzando molte feste e divertendosi con gli amici. Nel 1203 partecipò alla lotta fra Assisi e Perugia nella quale quest’ultima avrà la meglio. A seguito della sconfitta Francesco viene messo in prigione assieme ai cavalieri anche se difatto non apparteneva a questo gruppo sociale. durante la detenzione Francesco si ammala gravemente e in questo periodo della sua vita che si rende conto di essere fragile.

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Amarezza-Dolcezza in S. Francesco

San Francesco è un esempio luminoso di cura donata con gioia a chiunque ne avesse bisogno. Ci soffermiamo ora su un aspetto della sua vita: la mutevole concezione che abbiamo di cose ed esperienze. L’episodio relativo a questo tema è raccontato da Ignacio Larranaga nel libro “Nostro fratello di Assisi”, dove Francesco, inizialmente disgustato da un’anziana con una gobba tanto da non poterla neanche avvicinare, mentre era in preghiera in una grotta udì la voce del Signore, ricevendo una rivelazione.

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I valori per prendersi cura del prossimo

La cura è la volontà di aiutare il prossimo, ma anche sè stessi. Per poter fare ciò bisogna essere in grado di diventare prossimo; quindi la domanda che dobbiamo porci è come farsi prossimo. Per renderci prossimi dobbiamo dare importanza alle piccole cose in cui ci imbattiamo quotidianamente e a cui spesso e volentieri non diamo importanza. Importanti figure religiose ci insegnano che i valori più importanti vengono dal profondo del nostro cuore, come l’amore, il rispetto, l’onestà e la gratitudine. Tutto ciò, oltre rendere felice il prossimo, rende felici anche sé stessi perché si investiti da un senso di gratitudine.

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I CARE

La cura è un atteggiamento di premura nei confronti di sè stessi e di chi ne ha necessità, ma talvolta viene sottovalutata perché accecati dall’orgoglio e dall’egocentrismo. Molte volte ci riferiamo al prossimo come colui che ci sta accanto, quando in realtà è più importante la figura che noi possiamo assumere di fronte a questo.

Dunque come farsi prossimo e rendersi disponibili? Uno dei modelli a cui dovremmo fare riferimento è San Francesco d’Assisi, noto per la sua radicale conversione e la sua dedizione nei riguardi dei più bisognosi, indipendentemente dalla loro condizione.

Come dice Ignacio Larranaga nel libro “Nostro fratello di Assisi” :

«…l’uomo cercherà se stesso negli altri. Si serve degli altri invece di servire agli altri» […] «…Amerò chi non ama.Non escluderò nessuno dal mio cuore ».

Un’altra figura mossa da un tale spirito di altruismo è Don Lorenzo Milani, dal quale abbiamo preso spunto per intitolare questo articolo, cioè “i care” il cui significato è io ho cura . Difatti egli si mise a disposizione di ragazzi di un piccolo paese montano in cui l’educazione scolastica non era essenziale; garantendo quindi le fondamenta per un futuro migliore.

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“Amerò chi non è amabile”

“Amerò chi non è amabile”. Con queste parole San Francesco esprime la sua visione dell’amore , un mezzo per aver cura degli altri. L’amore del Santo era rivolto verso tutti coloro che incontrava dai poveri ai peccatori, ma, essendo umano, anche lui aveva il suo tallone d’achille: i lebbrosi. Come riportato nelle Fonti Francescane , la sola vista o persino il solo pensiero dei lebbrosi lo nauseava; essi vivevano in una città isolata per evitare il contatto e il contagio con le altre persone e quando Francesco passava nei dintorni percepiva un forte senso di repulsione.

Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo.

Così Francesco racconta, nel suo testamento, il cambiamento suggeritogli dal Signore, al fine di riuscire a comprendere il vero significato dell’amore; un fatto però si rivela centrale: l’incontro con un lebbroso che misteriosamente sente di dover abbracciare e baciare vincendo il suo naturale orrore e ribrezzo. Questo gesto folle eppure di grande umanità e compassione, innesca in Francesco un profondo mutamento interiore conducendolo dal rifiuto e dalla distanza e dall’autosufficienza, alla fiducia e all’amore, alla misericordia: verso il prossimo, verso Dio, come pure nei riguardi di se stesso.

Dopo quell’abbraccio e quel bacio, Francesco è un uomo nuovo..
E’ ormai un UOMO LIBERO, le cui braccia sono aperte e spalancate su tutto e tutti, senza riserve o paure.

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